Ecco cosa fare se si è sensibile ai solfiti

Essere allergici o intolleranti ai solfiti è una condizione molto più diffusa di quanto si pensi.

In tantissimi casi, addirittura, chi ne soffre non ne è nemmeno a conoscenza perché i sintomi sono lievi. Tuttavia per le persone con un’elevata sensibilità, l’impatto è forte e la vita sociale ne viene fortemente compromessa.

Ad esempio, a volte le forti profumazioni bastano a provocare manifestazioni negative persino nel lungo periodo; ad esse possono essere attribuite patologie quali l’alterazione del microbiota intestinale che va a determinare così il cattivo assorbimento di vitamine, nutrienti e problemi sulla difesa immunitaria.

 

Conseguenze della sensibilità ai solfiti

Questa condizione che cosa comporta? Che oltre a stare attenti al cibo, bisogna prestare attenzione anche “all’inalazione”, in particolare quando ci si trova in aree vulcaniche, a ridosso delle industrie e così via…

Nei soggetti sensibili, infatti, si possono scatenare crisi allergiche, possono avere problemi di digestione, pressione bassa e affaticamento; e ancora dissenteria, mal di testa, nausea, arrossamenti ed eruzioni cutanee accompagnate da orticaria, senso di costrizione al petto, asma (in rari casi), calo dell’odorato e del gusto; infine spossatezza e stanchezza.

La tossicità dell’anidride solforosa è inoltre cronica e attiva: interagisce con enzimi cellulari, distrugge, come anticipato, alcuni gruppi di vitamine (B1, B12, tiamina), la vitamina E delle farine e uccide molti bacilli essenziali nei latticini.

Un mio consiglio dedicato a soggetti non allergici ma comunque sensibili è quello di non assumere “solfiti” in nessuna forma, specie se si soffre anche di altre malattie.

I sintomi si manifestano generalmente entro 15-30 minuti dall’esposizione.

 

Note tecniche

I solfiti, conosciuti anche sotto la dicitura di “anidride solforosa”, sono un gruppo di additivi con i codici compresi tra E220 ed E228 e purtroppo sono davvero molto diffusi nei cibi che consumiamo anche ogni giorno (e, magari, non ne siamo a conoscenza).

I solfiti, in effetti, potrebbero essere presenti in quasi tutti i prodotti conservati e perfino in alcuni prodotti freschi; hanno azione di conservanti antimicrobici, antiossidanti e antienzimatici, e la loro azione va dallo sbiancamento (come nello zucchero), al mantenimento del colore (per esempio nei preparati di carne, pesce, crostacei); all’azione sterilizzante contro le muffe e i lieviti (nel pane, nelle farine, nella frutta, nei legumi, nella verdura, nel vino, nei molluschi e così via).

Inoltre i solfiti agiscono su alcuni enzimi naturali degli alimenti variandone il gusto e l’olfatto originale.

È vero: vi è l’obbligo di dichiararli in etichetta nutrizionale nei prodotti confezionati, ma solo se raggiungono la concentrazione di 10 mg per kg o per litro, pertanto sotto questo limite non vengono nemmeno citati.

L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) si è espressa di non superare 0,7 mg/Kg corporeo: ad esempio una donna di 60 Kg non deve superare i 42 mg al giorno, ma – è evidente – che se non si sa da cosa “difendersi”, questo limite è molto facile da superare; la conseguenza sono le reazioni allergiche di cui abbiamo accennato i sintomi in breve.

 

Consigli nutrizionali

Ecco perché io suggerisco sempre di utilizzare alimenti sfusi, di chiara e certificata provenienza, nonché di elevata qualità: è l’unica arma, insieme alla consapevolezza, per evitare le allergie (in questi casi specifici, il “fatto in casa” è sinonimo di garanzia).

In una serata con amici al ristorante questo limite verrà sicuramente superato, se la cena comprende anche vini e liquori, frutti di mare oppure un panino con salse e salumi, un aperitivo al bar con le noccioline e le pizzette e non vi elenco i numerosissimi esempi di “rischio”.

 

Tossicità per i più piccoli e test preventivi

L’anidride solforosa è altamente tossica in particolare per i bambini, per i quali la soglia è esattamente la metà di quella indicata come limite per gli adulti. E come si fa a garantire la sicurezza alimentare con i cibi confezionati che sempre più spesso consumano anche i nostri figli?

Poche sono le persone positive ai test ematici o cutanei ai solfiti che indicano la vera allergia (IgE-mediata): la maggior parte di loro risulta negativa alle prove allergiche, eppure considerando la massiccia presenza dei conservanti e dei solfiti ambientali e non riuscendo a valutare la quantità minima che possa scatenare la reazione allergica, il test genetico (2 geni, 8 mutazioni) come analisi preventiva è utile a chiunque, al fine di scongiurare una reazione allergica improvvisa e quindi non prevedibile.

 

L’unica terapia consigliata è quella alimentare ovviamente gestita da personale esperto che conosca non solo l’alimento, ma soprattutto tutta la filiera produttiva e di conservazione.

Alcuni alimenti producono solfiti naturalmente, e anch’essi vanno evitati: sto parlando di vino, aceto, succhi di frutta (tanto per dirne alcuni).

 

Cosa fare contro una condizione così presente

Intanto dovremmo limitare gli acquisti dei cibi “conservati” e scegliere il più possibile alimenti freschi, di stagione e “made in Italy”, meglio se provenienti dalla zona in cui viviamo (in questo modo hanno meno bisogno di conservanti).

La stagionalità rimane comunque l’elemento principale (evitate sempre le zucchine o le melanzane a Natale).

E ancora consumare solo alimenti sfusi, naturali e non trattati (le buste pronte di verdura lavata contengono solfiti).

Un altro punto il biologico: dovremmo imparare ad acquistare più biologico, sapendo distinguere anche ad occhio i prodotti trattati, quindi assolutamente no alla frutta incartata e già insacchettata (sperando che non li inquinino durante la conservazione).

E poi seguire un’alimentazione specifica: è l’unica terapia possibile.

Bere acqua di fonte o in bottiglia, mai depurata (i depuratori d’acqua possono contenere solfiti).

Evitare i prodotti confezionati, inscatolati, surgelati: piuttosto compriamo il fresco e surgeliamo noi.

E dovremmo spendere più tempo (non per forza tantissimo) in cucina producendo ciò di cui abbiamo bisogno.

Meglio usare spezie naturali e fresche: avere in casa piantine di rosmarino, basilico, prezzemolo dovrebbe diventare una buona abitudine per tutti.

Infine dovremmo imparare, per chi ne ha la possibilità, anche a coltivare qualcosa come le insalate, i pomodori, insomma piccole cose che si possono fare anche sul terrazzo di casa, in balcone o in giardino.

Puntare all’autosufficienza alimentare ci dà sicurezza.

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