Keto a modo mio: perché deve suggerirla solo un professionista dell’alimentazione PARTE 1

Esistono molti “sistemi dimagranti”, ben diversi tra loro e adatti a “vari profili”, cioè a pazienti che riportano particolari condizioni di salute e di vissuto. Si tratta di metodi che un professionista dell’alimentazione come me ha il dovere di approfondire e di proporre, se del caso, a chi è in cerca di una soluzione veramente efficace nel breve ma, soprattutto, nel lungo periodo.

 

E siamo noi professionisti del settore “nutrizionale” che strutturiamo un percorso di benessere che sia il più adatto al paziente, in base alla cosiddetta anamnesi, vale a dire all’età, agli stadi clinici e fisiologici, alla farmacologia, a tutti quegli elementi unici che delineano la quotidianità di quella – e solo di quella – particolare persona.

 

La novità di oggi, sebbene venga studiata da secoli, è la dieta chetogenica. Letteralmente significa “dieta che produce corpi chetonici”, in pratica uno stadio che può essere indotto sia con una dieta a bassissimo consumo calorico, ad esempio al di sotto di 800 Kcal al giorno, che con una dieta a bassissimo consumo di carboidrati, quindi favorendo altri nutrienti.

 

La dieta chetogenica, in termini di ripartizione calorica e di “squilibri” nutrizionali, si allontana dal metodo alimentare mediterraneo consigliato dalla comunità scientifica che è legato al raggiungimento armonico di un livello di salute e benessere a lungo termine; eppure è un approccio che risulta molto efficace per alcuni specifici percorsi e in tempi limitati (3 settimane al massimo).

 

Evitare di assumere glucosio tramite la dieta e costringere il corpo a utilizzare i meno convenienti amminoacidi è una strategia “discutibile” dal punto di vista di una nutrizione completa; questo perché intossica l’intero organismo tendendo ad affaticare inutilmente fegato e reni e rendendo meno efficienti il sistema nervoso e i muscoli.

 

Del tutto sconsigliata negli sport di resistenza o in quelli che puntano alla crescita muscolare, situazioni che al centro hanno sempre un certo consumo di carboidrati (insieme al resto, naturalmente).

 

Comunque i potenziali effetti negativi, quelli particolarmente gravi come insufficienza renale ed epatica, riduzione del metabolismo basale, compromissione della tiroide, demineralizzazione ossea, non accadono così di frequente (sono casi limitati), in particolare se questo metodo viene seguito per un paio di settimane, tre al massimo (quindi attenzione a chi vi propone una simile dieta nel lungo termine).

 

Dal mio punto di vista di esperto della nutrizione, la dieta chetogenica non dev’essere intesa come una strategia alimentare definitiva, soprattutto viste le controindicazioni sopra elencate; senza contare la necessità di usare degli integratori per bilanciare gli squilibri che comporta questo approccio.

 

Sostituire carne, fibre, vitamine e sali minerali con pillole o polveri “magiche” è quasi sempre sbagliato, poiché altera la percezione della corretta e vera alimentazione umana.

 

È tuttavia indubbio che tutto questo lavoro, oltre a mantenere bassi i livelli glicemico-insulinici (responsabili, assieme all’eccesso calorico, del deposito adiposo), aumenti la quantità di calorie che vengono bruciate, stimoli la secrezione di ormoni e la produzione di metaboliti che favoriscono lo smaltimento del grasso e, infine, sopprimono l’appetito.

 

Per tutti questi motivi, l’efficacia dimagrante della dieta chetogenica è elevata; funziona di certo nell’immediato anche se sottopone l’organismo a uno stress continuo non salutare.

 

Allora in che modo approcciarsi a tale scelta alimentare? Attraverso una calibrata progettazione.

Se mal ripartita o eccessivamente restrittiva, la dieta chetogenica dev’essere abbandonata subito e rimpiazzata con altre strategie alimentari, meno pericolose ma ugualmente efficaci, come la nostra insostituibile dieta mediterranea.

 

In alcuni casi, come nei trattamenti per curare l’epilessia, la dieta chetogenica può aiutare una terapia farmacologica non adeguata (cioè con reazioni del paziente non positive o inadatte); però in altri contesti potrebbe risultare particolarmente dannosa.

 

Durante i miei anni di lavoro, l’ho ricalibrata e l’ho consigliata poche volte, nonostante sia una delle strategie alimentari estreme più diffuse, può provocare disturbi del comportamento alimentare (DCA).

 

La dieta chetogenica richiede, infatti, moltissima attenzione.

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