Al momento, il futuro del nostro agroalimentare è in mezzo a una battaglia delicata che riguarda permessi e concessioni del glifosato. Si tratterebbe di un pericoloso erbicida, probabilmente cancerogeno e che interferisce sul sistema endocrino. In Italia è vietato, ma a livello europeo la sua pericolosità è stato declassata.
Riporto quanto scritto sul sito di Efsa, autorità europea per la sicurezza alimentare:
“Il glifosato è una sostanza chimica ampiamente utilizzata negli erbicidi. I prodotti fitosanitari a base di glifosato, ossia formulazioni contenenti il principio attivo “glifosato” nonché coformulanti ed eventualmente altre sostanze chimiche – sono utilizzati principalmente in agricoltura e orticoltura per combattere le erbe infestanti che competono con le colture e, tra l’altro, anche per mantenere la massicciata ferroviaria libera da infestanti.
Il periodo di approvazione dell’uso del glifosato nell’UE si conclude il 15 dicembre 2023.
Ciò significa che fino a tale data il glifosato può essere utilizzato come sostanza attiva negli erbicidi a condizione che ciascun prodotto sia autorizzato dalle autorità nazionali a seguito di una valutazione in termini di sicurezza”.
A tutela del Made in Italy speriamo che il nostro governo dica “No”: sarebbe l’ennesima scelta sbagliata che, invece di proteggere, mina la salute delle persone e non solo. Dalle api ai pesci, dagli anfibi agli uccelli, l’esposizione al glifosato è stata collegata, inoltre, a effetti negativi che possono influire sulla biodiversità.
Noi facciamo parte e siamo tra i fondatori dell’Unione europea. Quando (e se) abbiamo gli strumenti e le conoscenze per motivare decisioni differenti, è bene essere presenti, farci sentire e spiegare le motivazioni: non solo per noi, bensì per l’Europa e il mondo intero.
Per tutelare la salute e le filiere del comparto agroalimentare bisogna essere sul pezzo e comprendere gli effetti che una scelta, seppur a cascata, provocherebbe. Di esperti da consultare – in Italia – ce ne sono abbastanza, tanti quanti i pregiudizi: le battaglie si devono con consapevolezza e senso critico, mai per slogan o per assecondare le simpatie dei più.