“La Buridda”, il mio ricordo artistico di Sanremo

Il Festival di Sanremo si è chiuso da pochi giorni, sebbene sia ancora sulla bocca di tutti, ma quando io penso al Festival della canzone italiana, alla città dei fiori e alla musica leggera, in realtà la prima cosa che mi viene in mente è la città di Sanremo in sé e un piatto tipico: “La Buridda”.

La prima volta che lo lessi su un menu stentavo a crederci: la parola in questione richiama, infatti, un altro termine molto usato in dialetto siciliano. La sorpresa è stato trovarlo lì, così lontano da casa…

In Sicilia la parola Buridda indica “una cosa di niente”, spesso rivolto a un bambino, oppure identifica un determinato fastidio olfattivo  ̶  la cosiddetta puzza di buridda  ̶  cioè una di quelle cose (intendo come significato) che o la sai o non la sai dato che non è facile descriverla; posso dire una puzza “quasi di uovo crudo”…

Dicevo di Sanremo: ecco con mia grande sorpresa “La Buridda” è una zuppa di pesce e crostacei buonissima, servita in un coccio di terracotta, che ho consumato aggiungendo un filo di olio di uliveto ligure: tutte le note organolettiche erano al loro posto.

Tale pietanza ha i tratti tipici dei cibi mediterranei; la ricetta è un vero must per chi ama il pesce “povero” come il grongo, il palombo, il cefalo, la salpa, e viene arricchita con crostacei e molluschi freschissimi. Qualche altra versione parte dallo stoccafisso.

 

Ricetta “La Buridda” per voi

Pulite il pesce e, se grande, tagliatelo a tranci.

Lasciate invece interi i pesci piccoli e i crostacei.

Procuratevi del pomodoro maturo, cipolla, origano, capperi, prezzemolo, vino bianco e l’immancabile olio evo ligure, magari di monocultivar come la Colombaia o la Taggiasca.

Ponete tutto nel coccio, coperchiate e cuocete a fuoco lentissimo.

Il calore si deve diffondere come una lenta marea: è questo il tocco d’artista per una Buridda d’autore.

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