La Sicilia ha l’oro in bocca!

In Sicilia esistono tanti tipi di oro: c’è l’oro verde, l’inconfondibile olio extra vergine di oliva; l’oro blu, la nostra acqua minerale e, infine, l’oro rosso, lo zafferano, vale a dire la spezia più costosa al mondo.

Un soprannome scelto non a caso dato che un solo grammo di zafferano di elevata qualità può arrivare a costare fino a 60 euro (la media si attesta intorno ai 30 euro).

A livello mondiale è l’Iran che fa da padrone, seguito da India, Grecia, Nord Africa (Maghreb), Spagna e da molte regioni italiane come l’Abruzzo con dei prodotti DOP, la Sardegna, la Liguria, la Toscana e anche la nostra amata Sicilia. Le province virtuose toccano il territorio ennese, alcune zone dell’Etna e quello messinese.

La pianta – il Crocus Sativus noto anche come Zafferano Vero – emette dei fiori di colore violetto; al loro interno si trovano gli stigmi o stimmi di zafferano.

La raccolta inizia durante le prime ore del mattino; i fiori vanno raccolti delicatamente ancora chiusi; ci si mette in ginocchio lungo i filari e si colgono a uno a uno adagiandoli dentro ceste di vimini. Dopo ci si reca in laboratorio a effettuare la mondatura.

Quest’ultima operazione consiste nel separare i tre stimmi di zafferano dal resto del fiore. Nella fase successiva si mettono gli stimmi a essiccare in modo controllato così da preservarne al massimo la qualità. Poi si lasciano maturare chiusi al buio e, infine, superata la prova di laboratorio, si inizia la commercializzazione.

Quando scegliete lo zafferano, preferite sempre il monocolore brillante con gli stimmi interi; meglio evitare quello in polvere. Mi raccomando: conservatelo al buio, chiuso ermeticamente e preferibilmente prodotto nello stesso anno.

È stata proprio una donna iraniana a passarmi le giuste informazioni su come utilizzare lo zafferano. Le condivido qui con voi: porre pochissimi stimmi in un mortaio insieme a un pizzico di zucchero semolato che faciliterà la triturazione (bastano mezza dozzina di stimmi per realizzare un primo piatto saporitissimo!).

Altri preferiscono metterlo in infusione per circa mezza giornata (o anche per mezz’ora se lo si immerge in acqua calda). Se lo zafferano colora il piatto immediatamente e in modo uniforme non sarà sicuramente di qualità; infatti questo tipo di spezia viene contraffatta molto spesso o rimpiazzata dal suo surrogato: il cartamo, detto anche lo zafferano dei poveri.

Lo zafferano contiene molti antiossidanti che sono capaci di aiutare a neutralizzare i radicali liberi, frutto delle tante reazioni ossidative. La crocetina e la crocina, dei carotenoidi, sono le sostanze responsabili del colore e dall’alto valore nutritivo. Infine l’inconfondibile aroma viene determinato dal safranale: nell’ olio essenziale è il componente più presente.

È una spezia afrodisiaca, antidepressiva, calmante e rigenerante.

Dal punto di vista tradizionale, l’uso dello zafferano in Sicilia ha radici antichissime e si ritrova in prelibatezze che consiglio di provare: il Piacentino Ennese, un pecorino dal sapore particolare e dal colore inconfondibile; l’amatissimo Arancino; il Tagano di Aragona, un timballo di pasta al forno dalla ricetta complicatissima che si serve a fette; la Pasta dû malu tempu, un piatto invernale e di mare in tempesta (le barche non andavano a pescare, di conseguenza non c’era pesce fresco e bisognava arrangiarsi).

Ed ecco la mia ricetta per voi

Oggi vi racconto di un rigenerante infuso allo zafferano, dolcificato con il miele, che ho bevuto sotto gli alberi mentre raggiungevamo il Castello di Pietratagliata, nelle campagne soleggiate di Aidone in provincia di Enna. La nostra guida ci ha regalato un momento di estasi.

Come si prepara

Versate dell’acqua bollente in una tazza e aggiungete subito qualche pistillo di zafferano polverizzato; lasciatelo in infusione, coperto, per una decina di minuti e zuccherate a piacere con un miele delicato.

Attenzione

Quasi dimenticavo! Lo zafferano spontaneo non esiste, quindi prestate la massima attenzione a non raccogliere finti zafferani quando siete in montagna; tra i possibili ritrovamenti c’è infatti il colchico (detto anche zafferano bastardo), velenoso al punto da essere mortale!

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