Uva, vino e “mustata”

“ma per le vie del borgo

dal ribollir de’ tini

va l’aspro odor de i vini

l’anime a rallegrar”

 

La poesia “San Martino” di Giosuè Carducci – poeta, mi mette sempre allegria. Sarà che per me settembre è il mese dell’uva e dei ricordi, il momento delle cantine in fermento, della maturazione dei grappoli nelle vigne (solo se rispondono ai parametri richiesti ecco che si organizza la vendemmia); sarà che mi fa pensare a un mio caro amico.

Sì perché è grazie a un amico che ho scoperto il “rituale” della preparazione del vino, senza botte di legno; e ancora l’importanza della cantina, lo zolfo, il tino e le altre mille diavolerie che fanno parte di questo mondo serio e profumatissimo!

Così ho imparato un metodo semplicissimo, senza grandi pretese. Un vino “di casa”, da bere al pasto da soli o in compagnia, “realizzato” vinificando soltanto con i lieviti selvaggi dell’uva stessa.

L’uva, appena pigiata e filtrata, è posizionata nel contenitore di vetro, acciaio e resina a cui ho avvitato un “gorgogliatore” (esce il gas e non entra aria) e rimane lì a fermentare (bollire) fino al giorno di San Martino per la prima spillatura.

La mia produzione è 20 litri di mosto, in alcuni casi comprato da persone fidate a cui aggiungo qualche grappolo spremuto della mia uva. Così ottengo un vino senza solfiti, leggero.

Poi con 2 o 3 litri di mosto appena spremuto, cioè prima che inizi la fermentazione, preparo la tradizionale “mostata” (o “mustata”), ben diversa dalla mostarda del Centro e del Nord Italia. Con altri 2 litri, preparo invece il “vino cotto”.

Le ricette “siciliana e calabrese” sono abbastanza simili nel procedimento; vicine a loro anche la greca moustalevria.

Comunque la “mustata” siciliana è una ricetta antichissima che si tramanda da generazioni, e fa parte delle “storie” della vendemmia. Si tratta di un dolce dalla consistenza simile a quella del budino se viene consumato, appena pronto, caldo o tiepido. Altrimenti si lascia asciugare al sole per essere conservato più a lungo. E infatti era uno dei dolci delle tavole siciliane di un tempo durante le festività natalizie.

La cosa bella è che ogni famiglia ha personalizzato e “affinato” tecnica e ingredienti della “mustata”; la mia è con buccia di mandarino verde grattugiato o macinato grossolanamente e noci tritate. C’è ad esempio chi mette le nocciole, le mandorle, la cannella, il latte, i chiodi di garofano, la buccia di arancia o limone e così via.

Il procedimento è un po’ complesso, ma il risultato è la ricompensa per gli sforzi fatti! Appena ottenuto il mosto dalla macinazione dell’uva, viene pesato e viene aggiunto un cucchiaio di cenere (“di vite” vuole la mia tradizione, ma si usa anche di pale di fico d’india, carrubo, mandorlo, di camino o bicarbonato di sodio, sabbia fine o tufo bianco) per ogni kg di succo d’uva.

La cenere contiene carbonato di calcio che neutralizza l’acidità del liquido e libera anidride carbonica rendendolo più dolce. Il tegame con il succo d’uva e la cenere viene messo sul fuoco e ridotto di un quarto. Poi si lascia raffreddare, decantare e si filtra più volte usando colini finissimi, in modo da eliminare completamente la cenere.

Bisogna lasciarlo riposare per qualche ora e riversarlo in un altro tegame piano piano, eliminando così il fondo nel quale sono rimasti gli ultimi residui di cenere. Per ogni litro di mosto, aggiungiamo 100 g di farina di grano (molti preferiscono l’amido di mais o di frumento perché è più facile da sciogliere, ma in tal modo la mustata è poco corposa), facendo attenzione a sciogliere tutti i grumi che si formano. Alla fine, io lo filtro nuovamente per eliminare del tutto anche le parti più piccole. La mustata si mette così a cuocere girandola di continuo con un mestolo (per me dev’essere di legno, e il movimento deve essere sempre e sola in una direzione o “verso”) fino a quando comincia ad addensarsi, e a quel punto io aggiungo la buccia di mandarino e la noce tritata; poi la verso a mestoli in piatti appena bagnati dello spessore di 1 o 2 centimetri.

La parte che rimane attaccata sul fondo del tegame e sui mestoli usati è il regalo per chi ha atteso con pazienza fino all’ultimo: da bambino spettava a me, adesso ai miei figli.

La porzione? Giusto qualche cucchiaino per mantenere la tradizione. Gustarla è, infatti, un vero privilegio.

 

Per voi l’analisi nutrizionale, servizio offerto da www.letichetta.eu

 

MUSTATA

Ingredienti: succo di uva (Origine: ITALIA), NOCI, buccia di mandarino

Valori Nutrizionali per 100 g

Energia       578,5 kj / 135,2 kcal

Grassi         1,6 g

di cui: acidi grassi Saturi 0,1 g

acidi grassi Monoinsaturi 0,2 g

acidi grassi Polinsaturi 0,9 g

Carboidrati  30,9 g

di cui:  Zuccheri 30,9 g

Amido    0,0 g

Fibre           3,1 g

Proteine      1,2 g

Sale            0,0 g

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